Il legame con Riace nasce in occasione del campo di lavoro che abbiamo fatto da quelle parti, i primi dieci giorni dell’agosto scorso, con un gruppo del Gim (Giovani impegno missionario) dei missionari comboniani. In breve tempo, siamo entrati in sintonia con i migranti, con Mimmo Lucano e con l’esperienza di Riace. Quando lo abbiamo invitato a parlare ai giovani, Mimmo si è commosso e ci ha detto che avrebbe iniziato un digiuno a oltranza per sollecitare il ministero degli interni a erogare i fondi dovuti per il funzionamento dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati.
Siamo rimasti sempre in contatto e abbiamo vissuto da vicino l’iniziativa giudiziaria della Procura di Locri sulla gestione dei progetti d’accoglienza dei migranti e gli arresti domiciliari che Mimmo ha dovuto subire in ottobre. In seguito ha avuto il divieto di dimora a Riace e ora vive a Caulonia, piccolo centro dell’Alta Locride. È inconcepibile che un uomo che ha fatto del bene sia stato trattato in questo modo e la sua opera devastata. In questi mesi molti migranti se ne sono andati da Riace – dei trecento che erano ne sono rimasti una sessantina – e l’opera di accoglienza e di integrazione, che è stata e che può tornare a essere un esempio per tante realtà italiane, è stata di fatto smantellata.
Tuttavia è accaduto che molte realtà e associazioni, in giro per l’Italia, non si sono arrese a questa situazione e stanno provando a fare ripartire l’esperienza che è antitetica alle scelte che la politica italiana sta facendo.
CONTINUA SU COMUNE-INFO.NET
Foto: Riace 2018. Foto di Roberta Ferruti
commenta