“L’inversione di tendenza nel nostro Paese si deve prima di tutto alla rilevanza data al tema dalla stampa, ma anche a iniziative individuali e di associazioni come IoVaccino, RIV o VaccinarSì, che hanno finalmente aperto i social network anche all’informazione di qualità. Prima internet era terreno quasi incontrastato dei movimenti antivaccinisti”, Roberta Villa,medico e giornalista scientifica, è parte del Nitag Italia (National Immunization Technical Advisory Group), organismo indipendente previsto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per consigliare i governi sulle politiche vaccinali. Se ne è parlato al XXXI Congresso Nazionale dell’Associazione Culturale Pediatri, da poco concluso a Matera.
Molto resta da fare
Se le cose migliorano, tuttavia, non vanno ancora bene. Dall’inizio del 2019, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha registrato 99mila casi di morbillo in tutta Europa: significa che in 10 anni siamo passati da 14 Paesi dell’Ue con il 95% di copertura (immunità di gregge) contro il morbillo, ad appena 4. In Italia, il morbillo è considerato ufficialmente endemico: con 1.334 casi e un decesso nei primi sei mesi del 2019, siamo al 9° posto nella classifica dei Paesi europei più colpiti. Nel 2018, eravamo 5°. Peggio ancora nel 2017, quando entrò in vigore il decreto Lorenzin, che rese obbligatorie una serie di vaccinazioni (fra cui il morbillo), pena l’esclusione dei bambini dalle scuole. “Ma non è stato l’obbligo a far migliorare le cose: l’inversione di tendenza era iniziata un anno e mezzo prima dell’arrivo della legge: il merito va all’informazione, su tutti i suoi fronti”, spiega Villa.
Troppe disparità regionali
“Quel che resta da fare adesso, è pensare a un’obbligatorietà diversa, che valuti ad esempio il divario esistente tra diverse aree del Paese, che non è affatto diminuito”, aggiunge Vittorio de Micheli, epidemiologo e Presidente del Nitag Italia. “Per il vaccino esavalente (coperture a 24 mesi) ci sono circa 12 punti percentuali di differenza tra la prima e l’ultima regione, rispettivamente la Toscana e il Trentino Alto Adige*, mentre per il morbillo (prima dose) il divario supera i 20 punti percentuali. Non bastano i nuovi nati e le regioni più performanti per raggiungere il traguardo. Per eliminare il morbillo, occorre riuscire a coprire tutto il territorio nazionale e proteggere anche gli adulti”.
Un capitolo ancora aperto sono poi gli standard di qualità e di funzionalità per i sistemi informativi, così come l’aggiornamento del personale sanitario. Del resto, se i gruppi contrari alla vaccinazione sono in tutto, in Italia, meno dell’1% della popolazione, come dimostra uno studio realizzato dall’Istituto Superiore di Sanità, risulta irragionevole attribuire tutte le colpe solo a questa sparuta minoranza. “Serve informazione e soprattutto serve un approccio inclusivo, oggi, tra medico e paziente, e tra ricerca e società”, concludono gli esperti.